24 giugno, 2020

CONDOTTA DEL GENITORE E RISARCIMENTO DANNI DA ILLECITO ENDOFAMILIARE

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 11097/2020, chiarisce alcuni punti, con riferimento alla prescrizione, in ordine alla decorrenza temporale dell’illecito endofamiliare, agito da un padre ai danni di un figlio e fonte del diritto al risarcimento dei danni.

Il danno da illecito endofamiliare legittima un’azione tesa al risarcimento da illecito civile, ai sensi dell’art. 2059 c.c., esterno al diritto tipicamente di famiglia, per il ristoro dei danni non patrimoniali sia in relazione al rapporto di coniugio che di relazione genitoriale. Esso può essere un illecito istantaneo con prescrizione quinquennale oppure permanente ed il dies a quo può, nel caso di danno agito contro un figlio, essere individuato nel momento in cui egli ha la percezione del danno patito (correlato anche al grado di maturazione ed equilibrio del soggetto danneggiato dalle violazioni dei diritti scaturienti dallo status di figlio). Pertanto, se sino alla maggiore età l’azione spetta alla madre, successivamente, entro il termine di seguito individuato, spetta al figlio.

Importante è anche il riconoscimento che la Suprema Corte dà, al valore dei mezzi istruttori da assumere parallelamente ad eventuale CTU onde pervenire all’accertamento del danno e del relativo e fondamentale collegamento con la condotta adottata.

L’ordinanza apre scenari percorribili in ordine alla sanzionabilità delle condotte in cui vi è privazione di una figura genitoriale o in cui sussiste la violazione dei diritti derivanti dal rapporto di coniugio

Un figlio, oramai adulto, cita in giudizio il padre al fine di ottenere il ristoro per i danni, anche morali/esistenziali, conseguenti alla violazione, da parte del genitore, dei doveri di cura e assistenza. Oltre allo stato di abbandono e privazione della figura genitoriale e della connessa grave sofferenza, il ricorrente Iamenta la perdita della possibilità di vita, con riferimento al diritto di studio, derivate dal mancato versamento del mantenimento. I giudici di primo e secondo grado rigettano le domande. La Corte di Cassazione, investita del caso, esamina ed accoglie le argomentazioni sollevate dal soccombente.

LE ARGOMENTAZIONI SOLLEVATE

–  Si lamenta la mancata ammissione di prove testimoniali che avrebbero consentito di accertare come il disinteresse morale e materiale del padre abbia impedito al ricorrente la possibilità di proseguire gli studi e le sofferenze patite per l’assenza della figura genitoriale.

– Si lamenta l’erronea qualificazione, operata dai giudici di primo e secondo grado, del danno endofamiliare come illecito istantaneo a effetti permanenti sull’assunto che l’omissione rispetto ai doveri genitoriali andasse, al contrario, qualificata quale unica omissione durata per decenni.

– Si lamenta il rigetto dei danni extrapatrimoniali stante la mancata analisi dei doveri genitoriali dedotti specificamente nell’appello.

– Si contesta che Corte d’Appello avesse ritenuto valida la consulenza psichiatrica eseguita da un medico legale, senza tenere conto delle contestazioni sollevate alla perizia a causa della carente competenza dello specialista.

– Si lamenta come il riconoscimento del danno morale sia stato valutato in correlazione ad un illecito istantaneo a effetti permanenti.

LA CASSAZIONE ACCOGLIE IL RICORSO

La Corte di Cassazione attesta, dopo una lunga disamina, che, nel caso di specie, l’illecito commesso ha natura permanente e non istantanea e tale configurazione è rilevante ai fini della prescrizione del diritto fatto valere del figlio. Sul punto, la Corte, dopo aver ribadito il diritto di ogni figlio ad essere mantenuto, educato, istruito ed amato dai propri genitori, chiarisce che il danno endofamiliare non può sempre qualificarsi come causato da un fatto istantaneo. La prescrizione quindi non decorre dalla nascita o dal verificarsi del fatto, ma da quando si verificano le condizioni necessarie come il ritrovamento del genitore a cui chiedere i danni o dalla maturazione anche psicologica raggiunta.

Si legge nella ordinanza che “in tema di prescrizione del diritto al risarcimento del danno da fatto illecito, nel caso di illecito istantaneo, caratterizzato da un’azione che si esaurisce in un lasso di tempo definito, lasciando permanere i suoi effetti, la prescrizione incomincia a decorrere con la prima manifestazione del danno, mentre, nel caso di illecito permanente, protraendosi la verificazione dell’evento in ogni momento della durata del danno e della condotta che lo produce, la prescrizione ricomincia a decorrere ogni giorno successivo a quello in cui il danno si è manifestato per la prima volta, fino alla cessazione della predetta condotta dannosa”.

Il riconoscimento del danno morale era stato negato in forza della asserita prescrizione poiché i fatti erano avvenuti durante l’adolescenza e, anche se proseguiti in età adulta, le sofferenze patite dal ricorrente sarebbero scaturite da fatti istantanei e, quindi, prescritti ai sensi dell’art. 2935 e 2947 c.c..

Nei primi gradi di giudizio, le violazioni genitoriali sarebbero state inquadrate quali illeciti istantanei ad effetti permanenti.

La Suprema Corte, al contrario, attesta che il genus danno endofamiliare è di due distinte species:

1) danno relativo al rapporto di coniugio

2) danno relativo al rapporto genitoriale.

Altra fondamentale distinzione operata dalla Corte di legittimità è

1) danno da condotta permanente

2) danno da condotta istantanea

Secondo una precedente sentenza della Cassazione, richiamata nel caso de quo, “la violazione dei doveri di mantenimento, istruzione ed educazione dei genitori non trova sanzione solo nelle misure tipiche del diritto di famiglia potendo integrare illecito civile ove cagioni la lesione di diritti costituzionalmente protetti; questa, pertanto, può dar luogo ad un’autonoma azione volta al risarcimento dei danni non patrimoniali ai sensi dell’art. 2059 c.c.” ( Cass. n. 5652/12).

Altra sentenza richiamata statuisce che “il disinteresse mostrato da un genitore nei confronti di una figlia integra la violazione dei doveri di mantenimento, istruzione ed educazione e determina la lesione di diritti nascenti da un rapporto di filiazione che trovano negli articoli 2 e 30 della Costituzione- oltre che nelle norme di natura internazionale- un elevato grado di riconoscimento e tutela, sicchè tale condotta è suscettibile di integrare gli estremi dell’illecito civile e legittima l’esercizio, attraverso l’azione ai sensi dell’art. 2059 c.c.,  volta al risarcimento dei danni non patrimoniali sofferti dalla prole.” (Cass. 3079/15)

La Corte di Cassazione aveva già ritenuto che una condotta omissiva del genitore che ha determinato una grave sofferenza psicologica derivante dalla privazione ingiustificata della figura genitoriale determina una lesione di carattere irreversibile con riferimento ad entrambe le sfere del diritto di natura costituzionale riconosciuto e protetto dagli artt. 2 e 30 della Costituzione, così come rafforzato dall’art. 24 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea ed alle convenzioni di New York. Il diritto al risarcimento del danno sorge dal vuoto emotivo, relazionale e sociale.

L’ordinanza qui esaminata attesta che un esempio di un illecito endofamiliare istantaneo può individuarsi ad esempio, nel mancato versamento del mantenimento che perdura come illecito sino all’adempimento, ossia quando è agita una singolare e specifica condotta omissiva; mentre, la privazione di un genitore configura un illecito permanente.

 Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, nella sentenza n. 577/2008, avevano già individuato che il dies a quo (exordium praescriptionis) (da cui decorre il decorso quinquennale della prescrizione del diritto al risarcimento) era non il momento in cui si verificava il fatto ma il momento in cui la vittima ne aveva percezione. L’ordinanza n 11097/20, recependo tale assunto, rileva che l’assenza del genitore determina una lesione della personalità del figlio e quindi incida sulla capacità di percepire correttamente ed agire conseguentemente.

MANCATA AMMISSIONE MEZZI ISTRUTTORI E CRITICHE ALLA CTU

 La Cassazione sposa, infine, anche le motivazioni sollevate dal ricorrente in ordine all’incompetenza della CTU incaricata in primo grado, tanto che essa aveva inquadrato la patologia nel cluster A (personalità schizoide, paranoide ecc) e non nel cluster B, rilevando che tali disturbi non erano unicamente ricollegabili allo stato di abbandono ed assenza. Ebbene, accogliendo la tesi del ricorrente, la Cassazione ritiene che tale lacuna poteva essere colmata attraverso le prove testimoniali che avrebbero consentito il collegamento tra disagio psicologico e condotta paterna.

Il danno da illecito endofamiliare legittima un’azione tesa al risarcimento da illecito civile, ai sensi dell’art. 2059 c.c., esterno al diritto tipicamente di famiglia, per il ristoro dei danni non patrimoniali sia in relazione al rapporto di coniugio che di relazione genitoriale.

Avv. Marina Marconato   

 

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