QUANDO LA VIOLENZA VA SUL WEB
La esposizione di foto, in siti come Phica.eu o in gruppi Facebook come mia moglie, che ritraggono, senza consenso, donne anche minorenni, rappresenta un mondo intriso di perversione e misoginia, di violenza ed aggressività. Colpisce il fatto che gli uomini responsabili delle pubblicazioni e dei commenti a sfondo sessuale e svilente siano quelli della porta accanto, i comuni padri di famiglia, i professionisti stimati, l’uomo perbene, il marito affezionato ed apparentemente normale.
Certo che il concetto stesso di normalità necessiterebbe di una lunga disamina che non intendo affrontare, volendo però evidenziare alcuni aspetti e tratti caratteriali di questi soggetti appartenenti al genere maschile che poco hanno di uomo.
Il sito Phica.net, creato nel 2005, nasce quale sito per diffondere foto intime tra adulti consenzienti ma, in realtà, da decenni era utilizzato per pubblicare foto di donne famose, sconosciute, minorenni, senza il loro consenso. I commenti, come è noto, erano a sfondo sessuale, svilente.
Molte foto sono state prese da profili pubblici anche di persone famose, politiche, giornaliste, altre, invece, ritraevano donne in contesti intimi.
Il gruppo Facebook mia moglie veniva utilizzato, per condividere le foto ritraenti spesso la propria consorte o compagna, sempre a sua insaputa.
E’ evidente che siano ipotizzabili fattispecie di reato, tra cui la diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti di cui all'art. 612 ter c.p., perseguibile a querela della persona offesa, oltre al fatto che sussista il diritto, in ambito civile, di azione volte ad ottenere il ristoro dei danni e, nel caso di separazione coniugale connessa alla scoperta, all’addebito della separazione.
Ma cosa si cela dietro la mano di questi soggetti? Si può parlare di violenza? Direi assolutamente di sì.
Agire violenza, difatti, vuole dire, innanzitutto, cosificare l’altro tanto da farne ciò che si desidera e questa modalità comportamentale può essere attuata attraverso una serie di strumenti, inclusi quelli digitali.
Il danno che subiscono le vittime è sempre molto grave, poiché mina, lacera, ferisce l’identità della persona e determina un trauma. Per tale ragione, non deve essere minimizzato.
La violenza operata attraverso il web, fra l’altro, costituisce un pericolosissimo seme che germogliando propone e divulga l’immagine della donna-oggetto, da usare, lacerare, denigrare, spezzare e rappresenta un incitamento alla violenza relazionale, psicologica, fisica, sessuale.
Alcuni di questi maschi sono una specie di illusionisti che solitamente indossano una maschera per mistificare la loro vera natura e potere vivere nei contesti sociali e familiari più sani nell'assoluta inconsapevolezza di chi li circonda.
La rete informatica consente una comunicazione globale e simultanea, permette di conoscere dettagli su ogni argomento, consente di raggiungere persone sconosciute in ogni angolo del pianeta, e dà, qualora si voglia, la facoltà di azionare uno, due o più vite parallele col semplice movimento delle dita.
Non è arduo comprendere quanto questa risorsa possa attrarre ogni tipologia di individuo ma, soprattutto, quanto costituisca un terreno di caccia straordinariamente ricco per i maschiupoli.
Sul web, non è una novità, circolano, accanto a persone normali e sane, millantatori, guru di ogni specie, sciocchi, malati di solitudine, perditempo, ma anche pedofili e cacciatori seriali di anime e corpi: il mondo virtuale, le chat, i social ed i frequentatissimi siti di incontro, sono, per i predatori umani, il territorio ideale, oltretutto a basso costo, perché senza investire troppe energie, permette loro, mentre se ne stanno comodamente seduti, con salvaguardia della propria facciata di mariti e compagni devoti, di dare sfogo alla loro natura violenta.
Questi illusionisti, nel mondo virtuale, si realizzano in pieno, si muovono perfettamente, essendo loro stessi una sorta di meccanismo virtuale che si è auto prodotto attraverso l’imitazione degli uomini davvero perbene. In modo veloce e senza alcun rischio di compromettere gli altri compartimenti della propria esistenza, essi possono dare sfogo alle proprie perversioni, facendo scempio della dignità altrui.
Tali soggetti riversano nel web ogni forma di violenza verbale e sessuale mentre appaiono a casa come padri modello e mariti amorevoli e devoti.
Ma, a ben vedere, queste maschere nascondono sempre volti anaffettivi e non empatici di cui forse le mogli o compagne non colgono i segni. Le vittime, sinora ignare, che hanno riconosciuto in quei commentatori i propri mariti, padri, colleghi o amici si sono ritrovate davanti ad una verità talmente scioccante da ribaltare in modo sostanziale l’idea che si erano fatte di loro e della stessa relazione sentimentale, genitoriale o professionale.
Come un fulmine che incenerisce all’istante, per queste donne è accaduto qualcosa di assolutamente imprevedibile e inconciliabile con le maschere dei fantocci che hanno accanto.
In ogni relazione può accadere di scoprire un tradimento o di subire una brutta azione ma in questo caso la questione è diversa, profondamente e sostanzialmente diversa.
Le donne vittime di queste situazioni, attraverso la scoperta della menzogna, possono intravedere il vero volto di chi hanno accanto, il suo vuoto, la sua banalità malvagia, il ghigno che era celato dietro un'apparenza montata ad arte.
Sono certa che le malcapitate hanno subito una effrazione violenta, che sono state colte da rabbia e stato di shock.
Questi minus maschi fingevano di essere persone oneste ed affidabili mentre sono solo un inganno. E’ probabile che essi avranno una totale assenza di rimorso e due reazioni differenti.
REAZIONE VITTIMISMO
Qualcuno metterà in atto una recita da Oscar allo scopo di ottenere perdono, chinerà il capo, inonderà il pavimento con fiumi di lacrime, lacrime che rigano il viso davvero eppure non vere, si lancerà nella scrittura di mail, messaggi mielosi e romantici che scardinerebbero le serrature del cuore più duro, si metterà in ginocchio, acquisterà anelli, case, mazzi di fiori. Userà i parenti ed amici propri o della vittima apparendo distrutto dal rimorso e dalla sofferenza, minaccerà lo sciopero della fame, il suicidio, vi fornirà le password degli account (salvo crearne altri nuovi di nascosto), chiederà disperato un’altra chance, solo un’altra, ed alla fine qualche donna si convincerà. D’altra parte, dirà a se stessa, chi non ha mai sbagliato nella vita?
REAZIONE VIOLENTA E PERSECUTORIA
Alcuni, una volta scoperti, potrebbero svelare completamente il loro volto ed avere reazioni aggressive. Le cronache registrano in tutto il mondo casi in cui donne sono state colpite o verbalmente, socialmente o fisicamente a causa del crollo della facciata di sanità, onestà, affidabilità che questi spregevoli volevano mantenere.
Agli occhi del burattinaio, la vittima che va in giro a raccontare chi davvero sia o che lo guarda con disprezzo, rappresenta un affronto insopportabile e pericoloso. Per lui, quella donna, come tutte le altre, non è altro che una pedina ed una pedina non può compromettere le fatiche che gli è toccato sostenere per costruire il proprio fantoccio. La pedina umana, quindi, va annientata. La scelta del sistema di annientamento dipende da molti fattori e si concretizza in un annientamento sociale, economico, patrimoniale, genitoriale, psicologico o fisico.
Se credi possa smettere di mentire è perché ancora sei una sua marionetta.
Figlia, genitore, moglie, amante, amica/o, qualsiasi ruolo tu abbia nella sua vita, non credergli.
Non credergli mai.
Piuttosto allontanati e chiedi giustizia, ma affidati solo a professionisti seri, non cadere in altre trappole, non avere fretta, non farti attrarre da chi promette effetti speciali, cerca chi abbia una solida affidabilità e chiedi che siano esposti chiaramente e per iscritto i costi di eventuali azioni giudiziarie ed un parere circa le possibilità di successo nel caso specifico, il tuo, perché, lo voglio rammentare, il sangue attira sempre gli squali, anche quelli che sorridono apparentemente rassicuranti, poiché, purtroppo, anche di questi il web è colmo.
Avv. Marina Marconato
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