1 agosto, 2017

E’ stalking se l’ex spia profilo Facebook

STALKING: PUNIBILE CHI ENTRA COSTANTEMENTE NEL PROFILO FACEBOOK DELL’EX.

E’ perseguibile per stalking colui che si intromette nella vita privata di una persona, allo scopo di destabilizzarla con condotte ossessive e assillanti costanti, attraverso accessi indebiti e costanti nell’account email o nel profilo Facebook della stessa : così ha stabilito la Corte di Cassazione a maggio scorso.

Nel caso in esame, la vittima era stata costretta, al susseguirsi degli accessi abusivi, a cambiare profilo Facebook, indirizzo email, utenze telefoniche e addirittura la propria abitazione. Tali decisioni erano chiaramente il frutto di pressioni psicologiche subite dalle condotte dell’ex compagno che avevano inciso in modo significativo sulle abitudini di vita e naturalmente sulla libertà di autodeterminarsi della donna.

La Suprema Corte, non sottovalutando gli elementi probatori emersi, ha sostenuto, così come la Corte di Appello, l’esistenza del nesso causale, emerso dalla disamina del caso, secondo cui l’origine dei disturbi psichici che erano legati ad un trauma da stress accertato tramite perizia psichiatrica e del peggioramento delle condizioni di salute della vittima era il frutto esclusivo delle rilevanti molestie assillanti dell’uomo.

Cassazione penale, sez. V, sentenza 24/05/2017 n° 25940 in seguito alle intrusioni nella vita privata della ex coniuge anche mediante accessi indebiti nell’account di posta elettronica, e nel profilo Facebook, la persona offesa era stata costretta ad alterare le proprie abitudini di vita, cambiando le utenze telefoniche, gli indirizzi mail, e, addirittura, abitazione ; anche in ordine all’altro evento del reato, il grave e perdurante stato di ansia e di paura per la propria incolumità personale, integrato dal grave disturbo post-traumatico da stress diagnosticato dalla psicoterapeuta della vittima, e dal cambiamento della propria residenza, la sentenza impugnata ha ritenuto erronea la valutazione del giudice di primo grado, perchè aveva trascurato di considerare l’oggettiva gravità dei comportamenti perpetrati per mesi, con modalità assillanti e ossessive, che avevano coinvolto anche amiche e familiari della vittima, e la capacità destabilizzante di tali condotte.

Tanto premesso, giova rammentare che nel delitto previsto dall’art. 612 bis c.p., che ha natura abituale, l’evento deve essere il risultato della condotta persecutoria nel suo complesso e la reiterazione degli atti costituisce elemento essenziale della fattispecie. Dal ripetersi dei comportamenti intrusivi deriva nella vittima un progressivo accumulo di disagio che infine degenera in uno stato di prostrazione psicologica in grado di manifestarsi in una delle forme descritte dalla norma incriminatrice (Sez. 5, n. 54920 del 08/06/2016, G, Rv. 269081); peraltro, ai fini della configurabilità del reato di atti persecutori è sufficiente la consumazione anche di uno solo degli eventi alternativamente previsti dall’art. 612 bis c.p. (Sez. 5, n. 43085 del 24/09/2015, A, Rv. 265231).Pertanto, non è da sottovalutare ed è anzi perseguibile il comportamento che molte persone subiscono in merito all’atteggiamento intrusivo di ex partner che in modo prepotente invadono la sfera di libertà e riservatezza mediante molteplici chiamate, controlli sui profili dei social, contunui messaggi o pedinamenti.

Marina Marconato

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